UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE
DEL SOMMO PONTEFICE
LA LITURGIA, ITINERARIO DELL’ANIMA VERSO DIO
XLIII Congresso Internazionale
dell’Associazione “Sanctus Benedictus Patronus Europae”
Roma, 25 novembre 2011
Un’azione sacra per la santificazione dell’uomo
L’originalità tipica del Cristianesimo, che ne fa un “unicum” nella storia, è quella di non essere, propriamente parlando, una religione, bensì una fede. Che cosa si vuol dire con questo? Che il dinamismo dell’evento cristiano non procede dall’uomo per approdare a Dio, come culmine della ricerca, ma procede da Dio che si pone alla ricerca dell’uomo, lo viene a visitare, rivelandogli il mistero della sua vita intima.
In questo senso l’evento dell’Incarnazione è del tutto chiarificatore di quanto appena affermato. Gesù Cristo è il Figlio di Dio incarnato per noi, dono di salvezza per un’umanità altrimenti incapace, non solo di raggiungere con le proprie forze l’autentico Volto del divino, ma anche di scoprire in pienezza il senso della propria esistenza.
E’ per questo che quando si parla della vita cristiana se ne deve parlare sempre come di una chiamata dall’Alto che precede e rende possibile la risposta, di una grazia che fonda una responsabilità, di un dono inatteso che suscita corrispondenza. Insomma, nel cristianesimo il primato è sempre di Dio. Ed è a questo primato che è necessario rifarsi anche quando si entra nel grande tema della preghiera, del cammino spirituale dell’uomo, della vita liturgica della Chiesa.
Anche questi, ambiti, infatti, portano chiaro il segno della precedenza del Signore su qualsivoglia attività umana. Non esiste preghiera cristiana che non sia anzitutto suscitata dallo Spirito di Cristo nel cuore dell’uomo. Non si dà cammino spirituale che non proceda dalla grazia santificante. Non è pensabile una vita liturgica che non abbia come primo protagonista il Signore Gesù nell’esercizio della sua funzione sacerdotale.
“Giustamente perciò la liturgia è considerata come l’esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santificazione dell’uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun’altra azione della Chiesa ne eguaglia l’efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado” (Concilio Vaticano II, Costituzione Apostolica, Sacrosanctum Concilium, 7).
In questo testo conciliare, ai fini della presente relazione, è necessario sottolineare due espressioni fondamentali, ovvero: “santificazione dell’uomo” e “azione sacra per eccellenza”. La relazione esistente tra questi due elementi della liturgia offre la ragione della scelta del passo citato, quale porta d’accesso al tema da trattare.
L’anima umana, ossia l’uomo, è chiamata a compiere l’itinerario verso Dio, a realizzare, pertanto, la propria santificazione. Questa è l’opera prima e decisiva della sua vita, il suo dovere primario (cfr. Pio XII, Lettera Enciclica Mediator Dei, 11). Ma un tale compito è realizzabile a partire da quell’azione sacra per eccellenza che è la liturgia: sacra perché azione di Cristo e del suo corpo che è la Chiesa; sacra perché esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo; sacra perché resa tale dalla potenza amorevole dello Spirito Santo.
Come afferma il beato Giovanni Paolo II, “la liturgia è il luogo privilegiato per questo incontro con Dio e con colui che ha inviato Gesu Cristo” (Lettera Apostolica Vicesimus quintus annus, 7). Infatti “le parole e i riti della liturgia sono… espressione fedele maturata nei secoli dei sentimenti di Cristo e ci insegnano a sentire come lui: conformando a quelle parole e gesti la nostra mente, eleviamo al Signore i nostri cuori” (Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Redemptionis sacramentum, 5).
In tal modo siamo invitati a ricordare che esiste un legame essenziale tra la liturgia e la vita perfetta nella carità, il mistero di Cristo e l’itinerario dell’uomo verso Dio, tra il sacro e il santo nell’esperienza della fede. Se nessun’altra azione della Chiesa eguaglia l’efficacia della liturgia, vuol dire proprio che la possibilità di parlare adeguatamente di un itinerario spirituale verso Dio esiste anzitutto a partire da quell’azione sacra per eccellenza che è la celebrazione liturgica.
Sostiamo per un momento sul termine “sacro”. La liturgia costituisce il “sacro”, ne è il luogo privilegiato, ne determina e sviluppa il significato. Ma che cosa è propriamente questo “sacro”? La domanda, in verità, non è ben formulata. Correttamente deve essere riformulata così: “chi è il sacro”? In effetti il sacro è Gesù Cristo, secondo le parole sempre attuali di San Tommaso: “Sacrum absolute, ipse Christus” (Summa Theologiae III, 73, 1, 3m). Un tale “sacro” viene espresso, nella liturgia, con segni efficaci ed educativi, per l’opera dello Spirito Santo. Essi dicono all’uomo che è salvato e non si autosalva; che la salvezza, di conseguenza, è grazia e dono dall’Alto perché nessuno la trova originariamente e autonomamente in sé; che, in altre parole, è nel mistero di Cristo accolto e partecipato l’opera della nostra redenzione.
La liturgia “è essenzialmente actio Dei che ci coinvolge in Gesù per mezzo dello Spirito” (Benedetto XVI, Esortazione Apostolica Postsinodale Sacramentum caritatis, 37). Come ricordava l’allora Card. Ratzinger a Fontgombault, nel 2001, “Dio agisce nella liturgia attraverso Cristo e noi possiamo agire soltanto attraverso Lui e con Lui” (Opera omnia, Teologia della liturgia, p. 747).
La liturgia, quindi, possiede una sua sacralità o santità oggettiva alla quale ciascuno deve attingere per poter procedere nel cammino della propria santità, della santità personale e soggettiva. In questo legame con il “sacro” e, dunque, con una realtà oggettiva di grazia che ci precede, troviamo la specificità dell’itinerario dell’anima verso Dio a partire dalla liturgia.
Forse ora è più chiaro perché è del tutto appropriato il richiamo iniziale al testo citato dellaSacrosanctum Concilium. Lì, infatti, vi troviamo l’autorevole fondazione dell’itinerario dell’anima verso Dio in quanto radicato nella liturgia. Soltanto là dove Gesù Cristo, risorto da morte, si rende presente per l’azione dello Spirito Santo e l’uomo si lascia afferrare, trasformare e condurre nella fede si invera l’itinerario di un’anima verso Dio.
Lo sviluppo dell’itinerario verso Dio
Chiarito il punto di partenza, dobbiamo ora delineare, almeno in parte, lo sviluppo dell’itinerario dell’anima verso Dio a cominciare dall’esperienza del sacro liturgico, ovvero dalla presenza operante di Gesù Cristo incontrata nell’azione liturgica.
La sacra Scrittura
Cristo stesso “è presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura” (Sacrosanctum Concilium, 7). Non si può che partire da qui per illustrare quanta parte abbia la Parola di Dio, ascoltata nella liturgia, nell’itinerario dell’anima verso Dio. Al riguardo desidero richiamare tre importanti implicazioni.
1. Vi sono certamente altri luoghi e momenti per l’ascolto personale e fruttuoso delle Scritture sante. Tuttavia, come sappiamo, la Parola del Signore, ascoltata nel contesto della celebrazione liturgica, si accompagna in modo del tutto particolare all’azione dello Spirito Santo, che la rende operante nel cuore dei fedeli. La Scrittura, proclamata dalla Chiesa nel culto liturgico, è la Parola viva e attuale di Dio, così che si rende possibile un rapporto personale tra Dio e l’uomo nella successione del tempo.
Commentando un passo della Genesi, così si esprime sant’Ambrogio: “Che significa che Dio passeggiava nel paradiso, dal momento che egli è sempre in ogni luogo? Penso voglia dire questo: Dio passeggia attraverso i vari testi delle divine Scritture nelle quali è sempre presente” (De Paradiso, 14, 18). E’ proprio questa l’esperienza sempre nuova che si dischiude davanti all’anima che ascolta la Parola del Signore, nella Chiesa riunita in preghiera.
Sia che la si ascolti, sia che la si legga o proclami, sia che la si annunci, la Scrittura santa chiede di essere avvicinata e accolta con lo stupore grato della fede; quella fede che sa riconoscere qui e ora la voce del suo Signore che parla al suo popolo, che si rivolge a ciascuno in modo personale e unico. E’ proprio Cristo che parla alla comunità radunata, come quel giorno nella sinagoga di Nazaret, quando tutti gli occhi rimasero puntati su di lui. La voce umana che risuona nel luogo sacro è solo un segno che rimanda alla voce stessa di Cristo che risuona oggi, nel tempo della nostra vita.
Così, per il tramite della liturgia, l’anima apprende per esperienza diretta che cosa significa ascoltare e accogliere la Parola di Dio, non come parola di uomini, ma quale è veramente: Parola di Dio che mette a giudizio ogni altra parola che proviene dal mondo.
2. Inoltre, l’atto liturgico ha la capacità di sottrarre la pagina della Scrittura al gusto soggettivo e transitorio, donandola all’anima umana quale voce di Dio da accogliere, al presente, nella propria vita. In tal modo, il primato non è dato alla disposizione interiore individuale, ma a ciò che nell’oggi dell’atto liturgico il Signore desidera dire al suo popolo, educandolo alla vita evangelica.
Un esempio, forse, potrà esserci di aiuto per una migliore comprensione di quanto si va affermando. Quando partecipiamo a una celebrazione liturgica, noi vi entriamo con un particolare stato d’animo e accompagnati dalle molteplici esperienze di vita che hanno caratterizzato una singola giornata o un particolare periodo. E’ quasi naturale, in quel contesto, avvertire l’esigenza di una Parola che venga a illuminare ciò che stiamo vivendo. E, fosse per noi, probabilmente andremmo alla ricerca di un passo della Scrittura il più possibile confacente, in quel momento, alle nostre aspettative spirituali.
Con la liturgia, invece, questo non avviene. In qualunque situazione personale ci veniamo a trovare, la Parola del Signore ci è donata in qualche modo a prescindere da noi stessi. Anzi, siamo invitati a uscire dai noi stessi e dal nostro piccolo mondo per entrare nei più ampi spazi della volontà di Dio che, in quella Parola ascoltata nella Chiesa, raggiunge l’uomo come dono inatteso e norma di vita.
Ecco la grazia della Parola sacra accolta nell’atto liturgico! La grazia di rimanere coinvolti in un disegno più grande di noi. La grazia di imparare l’ascolto vero, capace di mettere da parte le personali priorità rendendosi disponibili alle priorità di Dio. La grazia di essere educati a fare della propria vita un atto di obbedienza, nella fede, alla volontà di Dio. Si tratta, in altre parole, di aprirsi alla potenza benefica della Verità, che non è soggetta a ciò che è transitorio, emotivo, opinabile.
Perché una tale grazia possa essere accolta abbiamo bisogno dell’intima azione dello Spirito Santo che rende operante nel nostro cuore la Parola di Dio (cfr. Benedetto XVI, Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini, 52). Anche per questo l’Ordinamento Generale del Messale Romano ci ricorda che “la Liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione; quindi si deve assolutamente evitare ogni forma di fretta che impedisca il raccoglimento. In essa sono opportuni anche brevi momenti di silenzio, adatti all’assemblea radunata, per mezzo dei quali, con l’aiuto dello Spirito Santo, la parola di Dio venga accolta nel cuore e si prepari la risposta con la preghiera” (n. 56). (mais…)
Read Full Post »